L’archetipo narrativo

del due di picche.

Racconti, Semi, Stagioni, Arcani Minori e Archetipi narrativi.

Vuole essere questo l’inizio di uno studio sugli Arcani minori dei Tarocchi e dei loro quattro semi come inizio sul rapporto tra questi e i suoi archetipi narrativi.

Leggendo Le Novelle della nonna di Emma Perodi mi è parso di cogliere gli aspetti esoterici e stagionali delle Novelle da essa narrate, e siccome ho visto che ogni gruppo di novelle che costituiscono una determinata stagione hanno delle caratteristiche comuni tra di esse, caratteristiche che appartengono a quelle dei semi degli arcani minori, Coppe, Bastoni, Spade e Denari, allora mi sono chiesto che cosa potesse accomunare i semi con gli archetipi narrativi. Ho colto delle caratteristiche comuni tra novelle nei loro archetipi narrativi e con le stagioni nelle quali sono narrate.

Sono gli aspetti stagionali ed esoterici delle fiabe della raccolta di Emma Perodi, Le Novelle della nonna, che mi interessano. Divise in quattro parti, ognuna di esse si svolge in una stagione dell’anno, si inizia dall’inverno e poi c’è la primavera l’estate e l’autunno. Ma quel che a me pare in questa raccolta venga messo in evidenza sono le stagioni con i quattro semi degli arcani maggiori.

L’Inverno corrisponde al seme dei bastoni. I rami secchi degli alberi scossi dal vento quando battono tra loro fanno il rumore delle ossa dei morti, si dice in uno di questi racconti e molti racconti finiscono sempre con un rogo, come è tradizione di ogni inverno e la legna secca alimenta il fuoco, mezzo per sprigionare il calore che nell’inverno manca e si desidera. La legna secca diventa il desiderio più intimo e primigenio di ogni inverno. D’altronde tutte le foglie cadute ormai secche e al macero costituiscono l’humus che permetterà alla terra di rifiorire.

Quali fiabe sono narrate nella prima parte? Sono le fiabe dell’inverno. Quella ad esempio di Adamo il falsario, un ebreo che ha trovato il modo di falsificare i fiorini della repubblica fiorentina e che trovata la complicità di tre avari fratelli che altro non fanno che accumular ricchezze senza spenderne gli danno riparo nei sotterranei del loro castello dov’egli si rifugia. Uno dei famigli, stanco d’essere trattato male, vedendo che nulla ricava da tutto ciò e desideroso di sposare una fanciulla che è di rango e reddito nettamente superiore al suo, prende la risoluzione di denunciarlo alla repubblica fiorentina per prendersi lui tutti i soldi, ma il compare di cui si è fidato gli gira un brutto tiro e prende per sé tutta la ricompensa della repubblica fiorentina e lui resta ancora scapolo. L’inverno è così, avaro ma ricchissimo, serba dentro la terra tutte le sue ricchezze. Ma al tempo stesso è pericoloso e può far seccare ogni cosa. L’ebreo Adamo morirà sul rogo, bruciato vivo come si bruciano le ultime sterpaglie e gli ultimi rami secchi dell’inverno. Il suo gelo e i suoi rami spogli sono il risentimento dell’ebreo per le ingiustizie subite dalla repubblica che non gli ha pagato a dovere i suoi servigi. E il povero famiglio resterà ancora povero, come è l’inverno. Altra novella è Il teschio di Amalziabene. Ma è in realtà la storia di un malvagio che per sfuggire alla giustizia si rifugi in convento e qui si mette a fare il cuoco. È costui uno chef d’alta cucina ante litteram perché con le poche e magre cose del convento riesce a preparare pranzetti succulenti per i poveri frati che in poco tempo ingrassano, fino a quando non arriva all’aspro convento Amalziabene, un frate amico di san Francesco, che inorridito (poveretto) dai gustosissimi cibi non vuole punto assaggiarne, per il peccato della gola al quale esso induce. La cucina dell’inverno si sa è gustosa piena di carne di cacciagione, del maiale, dei cinghiali selvatici e di ogni sorta di leccornia che si caccia nella foresta circostante, ed è quindi una cucina piena di grassi animali, le erbe e le spezie servono come condimento e non posso figurare come piatto esclusivo. Poiché il povero cuoco altro non viene visto che come il diavolo ecco che questi alla fine prende a tormentare il povero fraticello ma ogni tormento è visto da Amalziabene come una giusta penitenza da affrontare per raggiungimento della santità. Il gatto tutto spelacchiato che egli nasconde in un sacco appeso alla finestra e che questi libera e si fa amico, il cane rabbioso che ringhiando non lo fa dormire e lo tiene sveglio tutta la notte permettendogli di pregare, insomma tutte le asprezze sono viste come doni che se ben affrontati regaleranno una vita migliore dopo di essi. In breve il cuoco è costretto ad uccidere Amalziabene e a far col suo cranio un recipiente in cui mette tutti i suoi più appetitosi manicaretti. Amalziabene e Gaudenzio sono i due aspetti dell’inverno. Quello di quest’ultimo sono i rimedi che gli uomini oppongono alle asperità dell’inverno per superarle, mentre Amalziabene ne rappresenta l’aspetto naturale di esso, l’inverno bisogna lasciarlo vivere in tutte le sue asprezze perché solo così egli porterà i suoi frutti. L’inverno è la decadenza totale di ogni cosa, la malattia la morte la follia da cui non si può sfuggire se non attraverso il fuoco purificatore che lascia spazio alla vita nuova che avanza. Come Macbeth che ormai vecchio verrà sconfitto dagli alberi che camminano. Non c’è redenzione per l’inverno né alcuna pietà verso di lui. I suoi frutti sono i frutti inferici del male, portano sventura e sfortuna e chi li assaggia muore, nell’anima e nel corpo. L’inverno è l’atmosfera adatta per l’arcano maggiore della Torre che crolla. È anche un tempo avaro ed egoista, tutto centrato su se stesso. Una stagione dell’anno che crede di sconfiggere e distruggere ogni cosa quando poi sarà sconfitto dal mite tepore della primavera. Nei racconti di questa stagione incontriamo sempre signori in guerra che tra loro si combattono al fragore delle armi, e il fuoco che essi producono non serve mai a scaldarsi ma sempre a bruciare e a rendere piena di stecchi e sterile ed aspra la campagna. Sono i fuochi anch’essi inferici che appaiono in tutto il loro chiarore accecante all’interno di una terra che si apre, troppo sproporzionato è il loro calore contro il freddo da cui dovrebbero ripararci, perché altro non fanno che farci bruciare o gelare dal freddo se non ti ci avvicini.

La Primavera corrisponde al seme della Coppa. La coppa, ventre primordiale da cui sempre si rigenererà la natura. La storia tipica della Primavera è quella della fanciulla tenuta prigioniera da una matrigna che vuole a tutti i costi ucciderla e di un marito padre della giovinetta troppo succube e debole della moglie perché possa liberarla, e allora sopraggiunge il principe che la libera e la sposa, e la fanciulla ha modo così di generare prole. La prima novella della seconda parte è invece La Stella consolatrice, il racconto di un costruttore d’armi senza pari, uomo mite che forgiando armi bellissime, più da torneo che da battaglie, canta storie d’amore e di guerra. L’inverno è ormai in fuga e le sue asprezze altro non sono che un lontano ricordo che talvolta diventa dolce e pieno di nostalgia. Il signore che gli ha ordinato le armi non può però ancora averle, essendo in un periodo in cui Guelfi e Ghibellini si preparano a scontrarsi, le strade sono controllate e se venissero beccati con delle armi, gli verrebbero sequestrati con gran danno per il fabbro armigero. Il figlio di questi si offre volontario per recare le armi al nobile signore. Con la sua aria innocente di giovinetto, vestito da contadino non desterà alcun sospetto. Ma così non capita, superato il primo posto di blocco viene poi arrestato e condotto in cella dal signore che è nemico del nobile che deve ricevere le armi. Ecco allora apparirgli in una visione una vecchia che egli aveva aiutato che adesso gli appare come giovane fanciulla che lo esorta a resistere. E ciò che lo salverà sarà il rimedio per curare la rogna da cui è affetta la figlia del signore che lo ha imprigionato. In poco tempo il signore malvagio sarà sconfitto anche con le armi che gli verranno consegnate in quanto lo stesso armigero raggiunto il castello dove sarà il figlio imprigionato ne costruirà di nuove e di più potenti. I tepori della primavera metteranno in fuga i freddi rigori dell’inverno.

L’Estate son le Spade. Il rigoglio tempestoso della natura dovrà essere disciplinato dalla mano e dall’opera dell’uomo che opera la scelta mediante il discernimento. La lama dovrà non solo tagliare l’eccesso ma dovrà scegliere quale lasciare e quale tenere perché la natura ci sommergerebbe tutta se lasciassimo fare a lei. Tipica di questa stagione è la novella Il ragazzo con due teste. Un pittore desideroso di avere un figlio che abbia tanto ingegno chiede la grazia non più alla Madonna ma a Belzebù e questi mantiene la promessa: il foglio di quest’uomo avrà tanto di quell’ingegno da riempire non una ma due teste. L’uomo costringe la moglie a recitare l’orazione di Belzebù e questa cede alla violenza del marito. Davanti a una tale mostruosità la mamma scappa e il ragazzo va ramingo nel mondo fino a quando non ritorna al padre che con una preghiera davanti ad una immagine della Madonna da lui dipinta da giovane fa si che questa possa operare il miracolo: l’eccesso della testa in più e rivoltata dall’altra parte, testa contro natura e opera del diavolo scompare e resta il giovinetto con la testa buona o che ha finalmente messo la testa a posto. Ma tipica è anche la novella del coltello magico che a contatto con ciò che tocca fa sì che da esse si dissolva ogni incantesimo e le fa rivelare per quello che sono, oggetto magico che opera la scelta, ovvero il rifiuto netto di ciò che non si ritiene vero.

L’autunno sono invece i denari. In questa stagione ci sono la raccolta e la vendemmia. È il periodo in cui si doma il Sol leone e si porta la frescura. La prima novella che apre questa stagione è La criniera del leone la storia di un giovane che prigioniero dei turchi gli viene da questi dato il compito di domare un feroce leone che è nei giardini del sultano, e la prova di ciò sarà che egli dimostrerà di riuscire a contare ogni singolo pelo della sua criniera standogli in groppa. Dopo aver superato la prova, la vita non gli viene risparmiata e quindi egli è costretto a far strage di turchi con il suo leone. Ciò gli permette di fuggire e di diventare un grande pirata che fa strage di navi turche e diventare ricco. L’autunno è anche il momento in cui si raccoglie la legna, ma la legna dell’autunno non è come quella dell’inverno che serve per bruciare e fare i falò che distruggono e purificano, la legna di cui si parla è quella che serve per costruire mobili. E con questo fare soldi. È la legna che serve a costruire patiboli che non uccidendo coloro che vi sono impiccati, proclamano la loro innocenza con l’aiuto di san Giuseppe. L’aiuto della ricchezza non è solo quello dei soldi ma anche quello che rende invincibili in battaglia. Come è il caso de Il talismano del conte Gherardo in cui il regalo di nozze è un rocchetto e della lana che serve a produrre armature che rendono invincibili.

La mia prossima ricerca sarà compiuta su più fronti: da un lato il calendario liturgico con le feste che in esso ci sono, la connessione tra feste pagane e feste cristiane, il ciclo astrologico, e Northrop Frye.

Giuseppe De Chiara

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