III Arcano Maggiore

L’Imperatrice.

La lagrimevole historia di Camilla e Virginio

ai tempi della regina Giovanna.

L’Imperatrice è la dea madre onnipotente creatrice del cielo e della terra, o coesistente con il caos che suo figlio primigenio ordinò e da cui trasse fuori il cosmo. Per gli assiro-babilonesi è Inanna-Ishtar. Per il nostro progetto sui tarocchi, l’Imperatrice si incarna in due figure ben distinte ma entrambe che si perdono nella storia nel mito e nella leggenda. L’Imperatrice per eccellenza non può essere altro che la regina Giovanna II d’Angiò – Durazzo, la lussuriosa regina di Napoli del XV secolo raccontata però sia nella forma storica che in quella leggendaria. Nella forma storica narreremo la storia di una sovrana che sale inaspettatamente al trono all’età di 43 anni per l’inattesa morte del fratello Ladislao, re di Napoli e d’Ungheria perché nel suo furioso impeto guerriero era riuscito ad unificare l’Ungheria e adesso voleva unificare anche l’Italia. La regina sale su di un trono tremolante, conteso dal re di Francia Luigi II d’Angiò che si ritiene diretto discendente del regno di Napoli, in una condizione storica che vede lo Scisma d’Occidente, un papa che di sicuro non può esserle favorevole e che ha scomunicato il fratello per i continui assedi che egli ha posto alla sede papale per piegarla al suo volere di unificare l’Italia. La regina è quindi costretta a sposare un francese Giacomo di Borbone conte de la Marche che avrebbe dovuto essere l’uomo di paglia ma che si rivela poi essere un uomo astuto ai voleri del re di Francia. Avrebbe dovuto essere il principe consorte della sovrana ma costui diventa di fatto il sovrano assoluto. Inizialmente accolto favorevolmente dai baroni napoletani che in tal modo vedono l’opportunità di arginare il potere della corona, devono alla fine accorgersi che costui èun sovrano dispotico. Comincia prima di andare a corte ad uccidere Pandolfello Alopo storico amante della regina, a far sorvegliare costei perfino nell’espletamento delle sue funzioni intime e corporali e poi inizia a togliere i nobili napoletani dai loro posti di potere e a sostituirli con i nobili francesi. E questa la goccia che farà traboccare il vaso e farà esplodere il segnale della rivolta. I nobili francesi sono rimossi e i baroni napoletani riprendono i loro posti. Ma c’è poi anche un’altra regina Giovanna, quella del mito, della leggenda, la mangiatrice di uomini, colei che li faceva sbranare dal suo amato coccodrillo che ella teneva sotto la botola del suo castello. Oppure la regina Giovanna II della leggenda del castagno dei cento cavalli, enorme albero dal tronco cavo di più di trentta metri di diametro chiamato così perché si dice che in essi vi entrassero ben cento tra cavalli e cavalieri che al seguito della regina si ripararono lì per sfuggire ad un violento temporale estivo che li aveva colti di sorpresa. Si racconta che la regina presa da raptus erotico volle essere soddisfatta dai suoi cento cavalieri ma invano, fin quando un solo cavallo non riuscì ad appagare tutte le sue voglie e a soddisfare tutti i suoi desideri. Queste digressioni leggendarie e mitiche sono inserite a mo di elegantissimi intermezzi musicali, composti in misurati versi barocchi musicati da Stefano Busiello e recitati e cantati en travestì da Giuseppe De Chiara. Ma vi è poi un’altra imperatrice che si incarna nella storia d’amore di Camilla e Virginio, in realtà Ocna ed Eunosto. La fratria degli Eunostidi sorgeva proprio dove adesso è il borgo dei Vergini, fratria che i cumani portano in quella zona della città quando essi rifondano Napoli.  Eunosto è un giovinetto casto e dall’aspetto di un efebo di cui si innamora non corrisposta la cugina Ocna (la dormiente, la sognante) la quale disperata inventa di essere stata da lui violentata e scatena contro di questi l’ira dei suoi tre fratelli che non tardano ad ucciderlo. Scoperti e imprigionati i tre fratelli quali omicidi, Ocna si rende conto del suo duplice errore: non solo ha fatto uccidere il ragazzo che amava ma ha messo in pericolo la vita dei suoi tre fratelli. Confessata la sua bugia, Ocna si uccide lanciandosi da una rupe. Eunosto viene fatto oggetto di un culto e su di lui si crea una confraternita i cui seguaci prendono la castità assoluta, da cui il nome di vergini da cui ancora oggi prende nome il luogo. Ma la storia di Ocna e di Eunosto pur diventando la storia di Camilla e Virginio e restando immutata nell’inizio e nella fine assume però le connotazioni della storia di Sabella del Boccaccio, che per molto tempo soggiornò a Napoli e che probabilmente sentì narrare la storia dei due amanti, divenuta probabilmente col tempo storia urbana che aveva perduto i suoi legami con il mito. Storia che si contamina con il sogno di Virginio che indica a Camilla il posto in cui è nascosto il suo cadavere e che ordina a costei di tagliargli la testa per portarsela a casa. E Camilla, come tutte le donne del popolo fanno per il culto delle anime del Purgatorio o anime pezzentelle, comincia a prendersi cura della testa una volta portatala a casa. Una testa a cui essa attribuisce espressioni e coloriti carnali e con cui amoreggia e parla, non accorgendosi che è poco più di un cranio in via di decomposizione. I fratelli inorriditi scoprono il tutto e la gettano via, provocando la pazzia di Camilla. In realtà colui che sembrava il più ride dei tre fratelli, non ha avuto coraggio di buttare la testa ma l’ha nascosta in giardino e ha fatto accorrere le guardie che hanno arrestato i tre fratelli. Camilla confessata la sua colpa seguirà la sorte di Ocna di cui ha introiettato l’archetipo. La scena finale è quella in cui tutti i personaggi riuniti intorno ad un unico teschio cercheranno ognuno di essi, ricoprendolo con un travestimento diverso, ora con baffi, barba, cappelli, orecchini, di attribuirgli una identità che resterà ignota. Nella confusone di voci che si accavallano calerà il buio improvviso.

Un’opera teatrale comica tragica e grottesca.

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III Arcano Maggiore L_Imperatrice Giovanna, the neapolitan Queen Serial killer women crazy horse

 

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