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in una teca di vetro, due anime pezzentelle, protette ed abbellite da spade arruginite

Probabilmente se il Cimitero o l’Ossario delle Fontanelle si trovasse in una città diversa, esso sarebbe stato soltanto un deposito di scheletri, di crani e di ossa umane, buono tutt’al più per essere dati a studenti di medicina, senza nessun altro valore, un deposito di ossa umane che col tempo, esaurita la funzione seicentesca e ottocentesca di fossa comune sarebbe stato in breve tempo smantellato. Ma l’Ossario delle Fontanelle si trova a Napoli, vicinissima all’Africa e vicinissima alla Grecia, quella antica, quella dionisiaca, vicinissima all’Oriente orfico e mitraico, e allora le cose cambiano del tutto. Il popolo, non solo quello degli strati più bassi della popolazione ma anche esponenti del ceto medio, hanno saputo ribaltare la situazione: il Cimitero o l’Ossario delle Fontanelle è il luogo più magico di Napoli, quello più ricco di energia. Un luogo che in origine era una delle tantissime montagne di tufo divenuta una cava da cui si estraeva il materiale per costruire le case e i palazzi della città, il vuoto così frequente nelle viscere di Napoli, quei vuoti che nell’ultimo conflitto mondiale si sarebbero trasformati in rifugio antiaereo, e che in questo caso, trovandosi fuori le mura della Città si trasformò in un Cimitero comune per i morti delle epidemie di peste che tanto flagellarono le città europee tra il medioevo e il seicento barocco fino ad arrivare alle ondate delle epidemie ottocentesche. Ad ognuno di questi teschi il popolo napoletano ha saputo trovare una identità particolare, ha intessuto un dialogo, onirico o di pura fantasia, dando un nome a quei teschi e rimpolpandoli di carne tanto da riconoscerli ovunque essi venissero spostati, ha dato ad essi una casa, a volte di legno e vetro, a volte  una semplice scatola di biscotti, li ha adagiati su cuscini avvolti in fazzoletti finemente ricamati. Questi teschi si sono rivelati per anime del Purgatorio, le anime pezzentelle che chiedevano ai residenti di questo mondo preghiere, attenzioni, amorevoli cure. Questi teschi hanno cominciato perfino a sudare, raccontavano di se stessi nei sogni in cui venivano, e soprattutto concedevano grazie, numeri da giocare al lotto, alle nubili di trovare un marito, a quelle sposate che i loro figli e i loro mariti stessero in buona salute, che trovassero presto un lavoro. Non chiedevano granché. E intanto pregavano per loro e le ripulivano. Il lunedì diventava un giorno in cui processioni di donne si recavano dai morti, i morti sconosciuti, quelli non santificati, per prendersi cura di loro. Un luogo di morte veniva trasformato in un luogo pullulante di energia vitale.

Gli artisti di strada, ma anche tutti quelli che lo vorranno e che vorranno aggregarsi al nostro gruppo, hanno deciso di partire dal Cimitero delle Fontanelle. La resurrezione deve aver luogo per il suo atto iniziale proprio in un Cimitero, un Ossario un po’ particolare come quello delle Fontanelle, cannelle che da sotterra traggono l’acqua e la fanno uscire fuori per noi.

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Un’anima pezzentella in una scatola di biscotti Russo.

Non ritenne blasfemo questa donna del popolo mettere un’anima del Purgatorio in una scatola di biscotti di cui non si preoccupò neppure di nascondere la marca. Le guide ufficiali vi diranno che il non aver adottato una teca di legno e vetro o di marmo o di altro materiale pregiato è segno della povertà di questa donna. Io invece che la povertà non vada ricercata in questi segni così esteriori. Ragioniamo un poco. Negli anni 50 e fino a decenni molto vicino a noi la zuppa di latte la si faceva con il pane raffermo. Era un modo di servirsi degli avanzi perché in un economia di povertà tutto deve essere riutilizzato. Servirsi dei biscotti era già un segni di ricchezza un lusso che tale donna del popolo non si sarebbe, non dico potuto permettere, ma che non si sarebbe concessa. Evidentemente deve essere allora accaduto qualcosa, una fortuna inaspettata che è stata attribuita all’aiuto di quest’anima del Purgatorio, che tramite un sogno o qualche altro intervento ne avrà lasciato comunque traccia, anche nell’ispirazione di uscire a dire “è stata ‘a capa ‘e *** ca ci ha aiutato”. Una vincita al gioco, un posto fisso al marito o ad uno dei figli, chissà, sta di fatto che questa donna si è concesso il lusso di comprare una ricca scatola di biscotti anche per poter fare colazione. E quale ringraziamento migliore che porre tale anima nella nuova ricchezza che ha arriso questa famiglia di poveri?

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